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Attraverso

Occhi nuovi sulla tazza di caffè solubile inzuppata nel silenzio del mattino in autunno. Quando la luce penetra in ritardo creando condensa tra la tapparella e la finestra. Quando neanche la tv si accende, perché non ha calore. Eco dei miei stessi passi, dell’acqua che sgocciola tra le mani, di quel riflesso che esonda tra le sopracciglia creando due varchi. Storti. Ormai segnati di serietà. Ogni superficie trattiene la sua ombra: la ceramica tiepida, il vetro che suda, “Da quanti giorni non ti innaffio?” Resta fermo tra le fughe di luce e le spalle, fa sembrare innaturale perfino il respiro. Quell’impercettibile fruscio di ossa,  sembra assordante. Attraverso. La vera musica è il silenzio. Tutte le note non fanno che incorniciare il silenzio. -  Miles Davis

Non gliel’ho detto, ma l’ho fatto.

Accarezzando con la lingua le parole, prima di lasciarle uscire, bisognerebbe preparar loro un letto: lenzuola e coperta in fondo, nel caso di notte sentissero freddo. Dirgli addio con modo, perché sono pensieri che se ne vanno, e da quella forma non possono più disfarsi. Sono le elette, le parole che si dicono. Tra tutti i pensieri, prendono corpo: si condensano, diventano pasto per l’udito. E a quell’udito lì si collegano cuore, anima, molecole. Andrebbero dosate con cura, le parole. Bisognerebbe essere ingegneri biochimici per farlo sempre bene. Eppure, neanche loro. Costa così poco. Costa così tanto. Ho preso un telo di plastica per proteggere il tavolo dalla pioggia. Non gliel’ho detto, ma l’ho fatto. Le parole sono, naturalmente, la droga più potente usata dall’umanità. - Rudyard Kipling

Tuono

All’altezza del diaframma sentì un tuono. Denso, fitto, egocentrico. Tossì, come si tossisce in mezzo alla gente, e ci si volta col pugnetto dando le spalle alla conversazione. Una volta il mare era più grande, era più profondo e misterioso. Ora di mari ce ne sono tanti. Una volta per partire serviva un indirizzo. Ora basta un passo che non torna indietro. Una volta bastava scrivere metafore. Ora basta avere sangue nelle vene. Passano passeggiate passate, sull’orlo del vuoto, tra la curva della battigia ancora umida dalla lingua dell’onda, e i marciapiedi. Distolgo lo sguardo, lo allontano, osservo, e scoppio di onestà. “ Ci sono verità che si dicono solo quando gli occhi sono altrove. ” - A.M.

Partenze mai finite

Hai baciato con la lingua l’oceano Indiano, e ti ha soffiato sulla schiena con i suoi monsoni. Hai lasciato che il sale ti disegnasse la pelle, come una mappa segreta per tornare a casa. Hai bevuto il sole fino all’ultima goccia, e lui ti ha insegnato che la luce non si chiede, si prende. E mentre le onde ti trascinavano altrove, hai capito che certi ritorni hanno il sapore di partenze mai finite. Hai affondato i piedi nella sabbia bollente fino a sentirla respirare con te. Hai ascoltato le conchiglie raccontare storie di viaggi che non farai mai, ma che ti appartengono lo stesso. Hai imparato che il mare non promette nulla: restituisce solo ciò che non puoi più perdere. Scavalca il confine della pelle, lascia che l’acqua ti entri negli occhi e li faccia diventare marea. Cammina sul filo invisibile tra due onde e non chiedere dove porta. Accarezza il buio sotto la superficie, scoprine il volto, dagli un nome che non dirai a nessuno. Sputa il sale come fosse verità, e bevilo di nuovo. S...

Può

Corre il tempo batte sbatte sbuffa. Intercapedini di felicità. Marciapiedi bucati dai respiri strozzati. Parole gridate rimbalzate tra i denti e la giugulare.  Insonorizzate. Fastidiosa sabbia tra la pianta del piede e la suola. Scuoto. Fingendo una danza. Tremo. Ostentando una presenza. Distolgo lo sguardo. Incarnando un pensiero. Aria settembrina fuori stagione anestetizza la gola, la punge, l’accarezza. Può finire il mondo. Può. “ Chi impara a restare in piedi nel vento, poi non chiede più scuse al silenzio. ” - A.M.

Collezione di sassi

Ho domato il vuoto con un pieno costante, fatto di cicale, orizzonte, strade sterrate. Fatto di pensieri a tutto volume, da impiccare le tempie. Mi sono portata a pranzo sul mare, pieno di tavoli, senza rumore. Ho messo lacrime ad essiccare, per conservarle come monito, tra la mia collezione di sassi. Ho contato i miei respiri come si fa con i passi in salita. Mi sono inchinata a una foglia che tremava da sola, senza vento. Ho lasciato andare il bisogno di chiedere spiegazioni, come si lascia andare un aquilone quando il filo taglia le dita. Non ho detto niente a nessuno, ma ho scritto frasi dentro i muri del petto. Frasi che non chiedono risposta. Frasi che sanno aspettare. Ho sentito il cuore fare il suo mestiere: tenere, battere, resistere. Anche senza applausi. Anche nel silenzio pieno delle cose vive. Ho camminato in direzione ostinata, anche senza meta. Ho dato del tu all’ombra, e del lei al dolore. Mi sono seduta accanto alla mia stanchezza e le ho offerto una pesca. Era matura,...

Probabilmente era un martedì

Alle 07:02 era ancora completamente immerso nel sonno.  Le braccia sopra la testa, il lenzuolo aggrovigliato alla caviglia destra, una spalla piegata in un modo che sembrava chiedere aiuto. La bocca era socchiusa, il respiro profondo, regolare. Ogni tanto, un tic all’alluce sinistro - come un riflesso lontano, automatico, che apparteneva a un altro. Fuori, l’estate si era appena ritirata, come un ospite che ha finito le parole. L’aria del mattino, sottile e nuova, cominciava a lasciare impronte sulla pelle. Il verde, fino a pochi giorni prima sfacciato, sembrava essersi stancato di esistere. Probabilmente era un martedì. Perché, come ogni martedì, arrivarono i suoni del vetro nei cassonetti: acuti disordinati, prolungati, familiari. Il netturbino che li causava aveva l’andatura di chi si è svegliato troppo spesso senza motivo. Alle 07:06, il corpo di lui si mosse appena, quasi impercettibile. Un adattamento istintivo, privo di coscienza. Il lenzuolo scivolò, lasciando scoperta la s...

Litanie lucide

Vacuo vuoto voga invano Tra un sifone un soffio e un soave sfondo Turbinio turgido trattiene turba tarpa Conquisto il palco placando parte del parco su cui un porco sporca e spurga Davanzali appesi davanti al divano davano danze devastate di doni Fango fuso frana finché franano fauci fredde Fruga fuoco fra ferite fittizie, fumo, frastuono Fenditure fameliche fra fianchi feriti e funghi fradici Flussi falsati flettono foglie, fuoriescono, fuggono Lama lorda lambisce lacrime, lenisce lubrifica Labbra liquide languono lentamente lungo letti Lepri lese lanciano litanie lucide, livide Lame legate levano lodi a lutti lievi Croste crude crepano cuori con cunei colmi di catrame Crollano corpi curvi contro culle calcinate e cieche Chiavi chiuse chiudono chioschi, chiodi, ceneri, chiamate Canta cenere con corde crude, cova conflitto, cola confine Rombi rotti ruggiscono roghi, rovesciano ricordi rigidi Rotoli rarefatti raschiano rughe, respiri, riflessi Rasoio ardente che raschia rami e ruba resi...

Altra Me

Un elastico lento intorno al polso. Un rumore d’acqua in una stanza vuota. La curva di una spalla, vista da dietro, senza chiedere permesso. Una forchetta dimenticata nel lavandino. Il cotone che si lascia sfilacciare dalle maglie di un orologio accelerato. Tre parole non dette, rimaste sul bordo, tra le sopracciglia e il pavimento. Un fazzoletto che scivola fuori dalla tasca in cerca di polvere. Una bocca che sorride chiusa, senza movente, compiaciuta del suo stesso tatto. Un orlo scucito, tra un gradino e l’altro. La luce del frigo che illumina un vecchio di passaggio in strada col suo cane zoppo. L’odore di qualcosa che sa di aperto. Una finestra accesa in una casa non tua. Le mani sciupate da una luce stroboscopica. Un battito d’occhi lasciato andare lontano in valle. Una domanda che ha dimenticato il punto. Una piastrella spostata appena. Una pausa tra due traiettorie di cielo. Un pensiero che si siede accanto, in silenzio, fissando lo scolo di un tetto. “Ci sono giorni in cui tut...