Altra Me
Un elastico lento intorno al polso.
Un rumore d’acqua in una stanza vuota.
La curva di una spalla, vista da dietro, senza chiedere permesso.
Una forchetta dimenticata nel lavandino.
Il cotone che si lascia sfilacciare dalle maglie di un orologio accelerato.
Tre parole non dette, rimaste sul bordo, tra le sopracciglia e il pavimento.
Un fazzoletto che scivola fuori dalla tasca in cerca di polvere.
Una bocca che sorride chiusa, senza movente, compiaciuta del suo stesso tatto.
Un orlo scucito, tra un gradino e l’altro.
La luce del frigo che illumina un vecchio di passaggio in strada col suo cane zoppo.
L’odore di qualcosa che sa di aperto.
Una finestra accesa in una casa non tua.
Le mani sciupate da una luce stroboscopica.
Un battito d’occhi lasciato andare lontano in valle.
Una domanda che ha dimenticato il punto.
Una piastrella spostata appena.
Una pausa tra due traiettorie di cielo.
Un pensiero che si siede accanto, in silenzio, fissando lo scolo di un tetto.
“Ci sono giorni in cui tutto ciò che accade sembra provenire da un altrove che conosciamo benissimo, ma non ricordiamo mai del tutto.”
— A. M.