La società dei testimoni

“Ma ho filmato, ascoltato, copiato incollato, discusso e divulgato”

La rivoluzione della comunicazione, dei suoi mezzi e dei suoi potenziali, ha per tutti un’evidenza lampante. Si parla spesso di società dell’immagine, ma io preferisco citare Fossati e definirla società dei testimoni. Non sono più soltanto i brand, i bombardamenti multimediali delle imprese a bussare alla nostra porta. Non siamo più solamente soggetti alle influenze di terzi ed alle loro mire pubblicitarie, oggi siamo in prima persona autori e fautori dell’universo delle informazioni. Non parliamo di noi attraverso uno status sociale, ma attraverso uno status del nostro profilo (di Facebook, Twitter, MySpace, FriendFeed e chi più ne ha più ne metta)… Testimoni dunque di noi stessi, testimoni delle vite degli altri e di chissà cos’altro; a volte per curiosità, altre per noia. Compiaciuti di una tag, di un apprezzamento. Preoccupati di essere fotografati dove non dovevamo essere, preoccupati di essere colti in flagrante, preoccupati di scoprire che uno dei nostri flirt più accesi è “In una relazione”.

Filmiamo, ascoltiamo, copiamo incolliamo, discutiamo e divulghiamo”, questo è il nostro motto, la nostra forza e la nostra debolezza.

I Social Network stanno sviluppando un’estensione della nostra vita dà in pasto a tutti la nostra privacy, quella sfera che è stato oramai possibile digitalizzare e uploadare. Una realtà che causa dipendenza e complicità. Dipendenza dalla curiosità, dalla voglia di parlare di sé e dei propri gusti, dipendenza dall’essere testimoni. E al contempo complici di quello che pubblichiamo, complici dello spionaggio multimediale di cui siamo vittime e, allo stesso tempo, artefici.

E non meno importante è la ricchezza di questi potenti strumenti informali, che ci rendono più eclettici e ,forse, laconici. Perché chiaramente le interazioni si diramano in base agli interessi, ma ora ci è data la possibilità di vedere un link nella nostra home page e di trovarlo interessante, di cliccarci sopra, fino al punto di appassionarci e di dimenticare quello che stavamo facendo.

E allora viene quasi voglia di citare Oscar WildeC’è solo una cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di sé”. Ma a che prezzo? Forse, se lo sarebbe chiesto anche lui.

A voi il testimone.


Pubblicato su The Marketer il 2 Luglio 2009

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