Probabilmente era un martedì
Alle 07:02 era ancora completamente immerso nel sonno. Le braccia sopra la testa, il lenzuolo aggrovigliato alla caviglia destra, una spalla piegata in un modo che sembrava chiedere aiuto. La bocca era socchiusa, il respiro profondo, regolare. Ogni tanto, un tic all’alluce sinistro - come un riflesso lontano, automatico, che apparteneva a un altro. Fuori, l’estate si era appena ritirata, come un ospite che ha finito le parole. L’aria del mattino, sottile e nuova, cominciava a lasciare impronte sulla pelle. Il verde, fino a pochi giorni prima sfacciato, sembrava essersi stancato di esistere. Probabilmente era un martedì. Perché, come ogni martedì, arrivarono i suoni del vetro nei cassonetti: acuti disordinati, prolungati, familiari. Il netturbino che li causava aveva l’andatura di chi si è svegliato troppo spesso senza motivo. Alle 07:06, il corpo di lui si mosse appena, quasi impercettibile. Un adattamento istintivo, privo di coscienza. Il lenzuolo scivolò, lasciando scoperta la s...