Veliero pirata


Odori umidi di sera, 

una sedia spostata appena,

l’eco di un vetro che tocca un altro vetro,

colori tra le briciole del vento

spigoli acuti e tondeggianti nella fronte e sulle tempie.

  • Hai preso l’acqua?

Corpi lavati male,

polsi dimenticati sui bordi dei tavoli,

fianchi che cercano senza spingere

bandiere issate tra le gambe come fossero alberi di un veliero pirata.

  • Non lo so, il cielo aveva un colore stanco.
  • E la crema?

Luce bassa,

bocche socchiuse

che non hanno più niente da dire

ma ancora da sentire.

Segue il passo lasciato cadere su un sentiero sterrato divorato dalle zanzare.

  • L’ho vista sul gin tonic.
  • Sicuro che non stesse piovendo?

Un caldo che non pesa,

solo si aggroviglia 

sulla clavicola,

nell’incavo dietro l’orecchio,

dove l’aria si fa lenta

e qualcuno ha già pensato a restare.

Qualcuno è arrivato, ha aperto e chiuso la porta, e poi l’ha verniciata.

  • Non credo fosse un ponte.
  • Chi ha acceso le luci?

Cose che non hanno luogo,

ma passano.

Come l’acqua sotto i cavalcavia,

come una parola che vibra

e poi si sveste e cambia ritmo.

  • Avevo poco spazio.
  • Hai fame?

Post popolari in questo blog

Entrare

Sbattuto in faccia

Taipei? E dov'è?