Bucce d’albicocca

Dormiva sempre col piede fuori dal lenzuolo.

Diceva che serviva a bilanciare il calore del sangue.

Ma era per lasciare una parte pronta a scendere.


Aveva i polsi pieni di silenzi, li muoveva come se suonasse uno strumento spento.

Qualcosa con le corde rotte.

Qualcosa che piangeva solo sotto le unghie.


Toccava tutto senza mai toccare davvero.

Oggetti, soglie, braccioli di sedia.

Una volta ha accarezzato una serratura fino a piangerci dentro.

Poi ha detto: “Era solo vento”.


Quando rideva stringeva le cosce,

come se trattenesse una scossa che non spettava a nessuno.

Non aveva amanti, ma dettagli.

Orli, schiene, polpastrelli, bucce di albicocca.


Il desiderio gli dormiva addosso come un cane lungo.

Sbuffava se gli parlavi d’amore.

Ma raccoglieva le piume dai marciapiedi

e le piegava a metà come biglietti.


Cercava spesso l’ora doppia sul telefono

e ci soffiava sopra, come fosse cenere.

Poi rimaneva fermo.

Come chi aspetta una mano nella piega del giorno.


Aveva la voce altrove.

E nessuna voglia di farsela tornare.





A volte il tempo non passa. Si posa. - Fabrizio Caramagna


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