Capovolgere

Percorrendo molteplici sguardi e punti di vista concedo ai giorni di penetrarmi. Nell’assenza di identità lavorativa ho aperto l’ascolto ad ogni tipo di esperienza. Quando si è concentrati sul proprio obiettivo il canale di interesse si restringe a ciò che vi è di più limitrofo. Mischiarsi e pogare con la diversità sballa riferimenti perché si conta solo sulla propria persona e non sulla propria posizione professionale.

Curioso emisfero della vita che ti forza ad entrare in te, che ti rende interessante attraverso a quello che sei al di là di quello che fai, interessante per te stesso. La quotidianità e la pigrizia avevano cannibalizzato il tempo senza dare spazio al sentire se non in vacanza dopo qualche giorno e comunque mai abbastanza.

Quello che trovi, quando lo trovi, è l’unico spazio che non perderai mai per nessun motivo, l’unico tempio che crollerà solo il giorno del giudizio quando non avrà più voce da far rimbombare.

Capovolgere una fotografia per vederci le stesse cose ma sotto un’altra prospettiva. Cambiare orizzonte per attivare i sensi diversamente dal quotidiano e calpestare terreni lontani nel cuore e sempre familiari. Spolverare occhi che ti sorridevano quando intrecciavi braccialetti da vendere in spiaggia agli amici dei tuoi. Ricordare i campi di soldatini stesi sotto all’ombrellone con cui passavi interi pomeriggi fantasticando. Solcare con gli occhi il pezzo di spiaggia in cui eri l’unica ragazzina tra tanti maschi a giocare a pallone senza avere la percezione di avere un corpo diverso.

Nel dubbio tornerò sempre qui quando avrò bisogno di ritrovarmi, nella semplicità di un capanno all’orizzonte, in una piadina, in quei sette chilometri di battigia andata e ritorno che mi hanno fatta diventare alta, tra i tigli e le zanzare della valle, tra la pineta e la esse romagnola verace come i suoi camerieri informali.




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