Sabbia neve e scottature

Verso le sei del pomeriggio, in riva al mare, uno sguardo all’orizzonte, uno a terra per verificare che non vi siano conchiglie affilate, uno sguardo alle vele in lontananza, “ah, chissà che meraviglia oggi essere in barca, c’è tempo buono”. Immagino la crema solare, la brezza, quel senso di libertà e quella mobilità da marinaio esperto nell’ammainare le vele e concedersi il lusso di perdersi tra cielo e mare, spazio e tempo…dura due secondi. Torno a guardarmi i piedi che affondando in un pezzo di plastica. Ho sempre sofferto il mal di mare, ancora prima di salpare già prende il sopravvento la sensazione di costrizione mista disagio mista nausea mista limitazione di movimento. Quel “dai parcheggia un attimo che ci beviamo un caffè” impossibile, come “i baci sul collo mai dati” da Maria a Costanzo - era un meme che mi ha fatto molto ridere.

Uno sguardo alle cere imbalsamate sulle sdraio o sui teli vicino alla battigia, mi chiedo se si muovano almeno per bere un sorso d’acqua, mi chiedo se riusciranno ancora a muovere la bocca per parlare, ai più fortunati qualche bel seno su cui sorvolare a testa bassa e con le pupille furtivamente a cent’ottanta gradi, ma più di frequente finiscono al lato opposto.

Uno sguardo ai turisti nordici per delineare l’ustione e iniziare la trafila delle opzioni “questi sono arrivati oggi”, “questo si è addormentato”, “guarda quella signora fluorescente, povera”… 

Schivare qualche palla o qualche pallina, sorridere ai bambini che ti sbattono addosso il secchiello come se la tua presenza fosse invisibile e corrono veloci si lanciano nell’acqua creando quei dolcissimi schizzi d’acqua che sembrano appena scongelati.

Più a ridosso dei bar, l’invidia cosmica per quei corpi più o meno tonici che anche negli orari da colpo di sole si dimenano saltano e schiacciano palloni con le mani o palline con i racchettoni. Vent’anni fa ero lì anche io, poi mi hanno fatto comprare le scarpette per la sabbia che scotta, sembravano piccole mute per i piedi. Disagio. Smisi forse anche per l’imbarazzo di essere diventata troppo competitiva, o troppo sfigata, son punti di vista.

Benvenuti in riviera. 

In montagna non è così, in montagna “c’è l’aria buona”, “va che bella quella cima”, “chissà quale animale ha lasciato quelle impronta”, che se non ci vai solo per pranzare al rifugio, in quasi mezz’ora e qualche brutta parola - se trovi parcheggio - sei riuscito ad infilarti il primo scarpone, e poi l’altro, con il culo già tonico dalle spinte è subito lavoro di braccia, con quei cosi lunghi da equilibrare sulla spalla senza ledere i passanti, ed è subito sera.

Una volta si portava sempre il Ritter in una delle quattordici tasche della tuta da sci, ora di trovarlo avevo perso l’uso delle mani. Adesso invece il burro cacao, che è ancora più infimo. “Basta cioccolato che fa ingrassare” “e poi, tutto sommato, faccio circa tre piste”, penso siano calorie in eccesso. Al primo rifugio con un po’ di sole è subito salsiccia in umido con polenta, birra a volontà, qualcuno prende sempre le patatine fritte, e poi vedi quelle belle torte di mele e che fai? Pensi alle calorie? 

Tra il mare e la montagna preferisco il mare, i piedi secchi di sale e sabbia rovente, le lunghe passeggiate e i pochi secondi che mi tengono ferma sotto l’ombra a giocare a scacchi, la birra e la musica al tramonto.

Tra la montagna e il mare preferisco la montagna, i piedi congelati e le gambe stanche, l’orizzonte che ti lancia o che ti schiaccia in base al tuo sentire, la birra e la musica all’apres ski.

Tutto sommato, preferisco godermi quel che c’è di buono intorno alla birra, alla musica, alla compagnia, a quello che c’è dentro.






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