Burro salato

Aveva il corpo lavorato e imperfetto, le orecchie tagliate e quella smania di mangiarsi le sigarette dentro a una canzone blues.

Una mente abbastanza fervida da conquistarsi il pane con burro salato fatto a mano da una manciata di stelle. Una donna solida e affascinante accanto, di quelle avvezze ad amare con audace intensità. 

Gli amici erano molti, e di molti colori, dai più cupi ai più sgargianti. La fame di diversità e la sfida dell’incastro da sempre ha sfaccettato il suo sguardo, le sue risa, la profondità del suo pensare.

Un giorno, a ridosso della primavera, si svegliò col cazzo piccolo e la sensazione di horror vacui dei suoi boxer che non avevano mai dovuto gestire tanto spazio. Corse per tutta casa sollevò letti, divani e tappeti nella speranza di ritrovare il suo strumento, ma nulla a parte polvere e frammenti da buttare.

Non cambiò null’altro, la stessa persona, le stesse fortune, la stessa vita, ma senza il cazzo.

Cercò nella poesia, tra i tubetti di acrilico, fra persone di strada e supermercati, nella cucina e nel bicchiere, chiese alle carte che ribadirono fortuna a venire, iniziò ad aspettarle, si ammalò in ogni cavità per giorni e giorni.

Finché venne la pioggia, tornò il sole, guardò meglio dentro al fuoco restandone distante a sufficienza per non bruciarsi, e si ingrossò.



“Non ho fallito. Ho solo trovato 10.000 modi che non funzionano.”

(Thomas Edison)

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