Attriti psico-culturali - botta e risposta
Ebbene si. "Calare le braghe" in senso lato significa anche poter dare spazio ad eventuali frizioni e riconoscere che scherzi a parte non è tutto un carnevale essere qui a Taipei,
Ci sono senza dubbio molti spunti ironici, e moltissime occasioni di crescita, ma tutto ha un prezzo.
Se dovessi girare il tavolo e chiedere qualcosa a qualcuno che vive le cose come le vivo io, e quindi con il sangue, nel senso piu emotivo e passionale del termine, allora chiederei questo e mi aspetterei questo tipo di risposte:
1) Quali sono le sfide piu grandi che ti trovi ad affrontare nella vita quotidiana?
Bisogna dividere i livelli in cui intendiamo la vita quotidiana:
- Dal punto di vista logistico, la vita a Taipei è una figata. La città è sicura, offre collegamenti urbani comodissimi, è piena di convenience stores e non manca nulla. Girare per strada di notte non è mai un problema, la città è sveglia. Tutto è a prezzi molto contenuti, dai taxi al cibo, alla birra. E' un paradiso di efficienza in qualche modo, forse pecca solo di poca diffusione della lingua inglese e quindi propone motivi ludici di disagio. Ma insisto nel dire che qui la lingua non serve perchè le persone sono davvero molto disponibili e aperte allo sforzo di capire i gesti e supportare le necessità. (Lascio immaginare l'occasione in cui cercavo un posto per fare la ceretta)
- Dal punto di vista umano, a parte la gentilezza sincera e le cortesie pratiche lavorative e non, stiamo parlando di un ecosistema molto lontano dal nostro essere italiani. Le persone sono molto gentili ma allo stesso tempo anche molto riservate e molto timide. C'è un modo molto diverso di vivere la socialità, su tanti fronti, e ancora sento di averne vissuti pochi. Come donna a Taiwan è un disastro. La mia autostima non è alimentata da nessun complimento/sguardo/battuta/flirt. Ti senti un fantasma, un alieno, una troppo alta, una caucasica, una che non parla la tua lingua, una persona che è li di passaggio. Autostima a parte, creare relazioni intime anche a livello amicale è un lavoro. Ci vuole molto tempo prima di entrare in dialoghi personali con una persona autoctona, ci vuole tempo e anche interesse sincero, almeno quanto coraggio di fare i primi passi aprendo spiragli personali, e a poco a poco costruire conversazioni che esulano dai discorsi di circostanza o culturali o strettamente legati alla praticità.
- Dal punto di vista lavorativo, la vita è un casino (quasi) totale. Gli strumenti culturali giocano un ruolo fondamentale nella comunicazione e interpretare le dinamiche è un gioco d'azzardo. Non ci si puö fidare di nessun sorriso in ufficio. C'è molta attenzione all'universo digital e molta pressione sui numeri, piü (molto piu) che sulla qualità. E' difficile far passare i successi del rapporto qualità/budget di tutti gli effort investiti e di tutti i valori di questi risultati sul lungo termine. Per spiegarmi: io lavoro in comunicazione, se oggi ho successo sui millenials e riesco a farmi apprezzare da loro, domani rappresenteranno la maggioranza della work force e quindi so che ogni centesimo investito oggi raddoppierà di valore domani. A discapito di escludere numeri irrilevanti ai miei obiettivi di business, prediligo la qualità delle persone che coinvolgo. Questi concetti sono difficili da trasmettere a chi vive di numeri e misura il successo riportando numeri. E su questo ho grosse difficoltà e la mia piu grande sfida quotidiana è entrare in ufficio a testa bassa e continuare a percorrere una strada poco riconosciuta, alzando la testa solo per dire "no" a cambiamenti di direzione strategica in cui non credo. Ovviamente, solo per la mia fetta di marketing, che è quella social media.
2) Che cosa ti piace di piu di questa esperienza?
Di questa esperienza mi piace di piu la soddisfazione di poter dire "Era quello che volevo, e ce l'ho fatta". Mi piace essere in difficoltà, avere a che fare con persone con cui probabilmente non sarei andata neanche a prendere un caffè perchè non le avrei mai incontrate. Trovarmi a pensare "Ma sono qui veramente in macchina con questa persona per andare a cena o sto sognando una vita di qualcun altro?". Mi piace potermi raccontare come mi pare, senza pregiudizi o senza curarmi di quali collegamenti abbia in comune con questa persona. Mi piace portare con fierezza il mio sorriso e la mia passione per quello che faccio. Mi piace mangiare cose che fanno schifo e che poi non mangio per il gusto di poter dire "no quella cosa (che non sapevo neanche esistesse al mondo) non mi piace".
Mi piace avere la mia seduta di massaggio il sabato e godermi i servizi di pulizie due volte a settimana. Mi piace la metropolitana perchè è piena di occhi a mandorla e mi sento un'infiltrata. Mi piace avere ogni giorno una parola nuova in cinese e sfoggiarla ad ogni occasione piu o meno pertinente solo per il fatto di poter dire "ci sto provando, sto provando a parlarti nella tua lingua".
3) Quali consigli daresti a qualcuno curioso di lavorare in Asia, nel tuo settore?
Armarsi di tanta pazienza e apertura. Non avere aspettative e non cercare l'Italia qui, ma neanche l'Europa o gli Stati Uniti. Cercare se stessi travestiti da asiatici. C'è anche da dire che Taiwan è un'isola, e lo è a tutti gli effetti. Mai paragonarli ai cinesi, ci tengono molto alla loro identità (e fanno bene). Avere voglia di parlare sottovoce sia nei modi sia verbalmente, perchè c'è moltissima gerarchia sul lavoro. Meglio una parola in meno che una in piü (cosa con cui io faccio fatica ad andare d'accordo in certe situazioni). Meglio ascoltare, meglio avere le spalle coperte. Pensare di camminare in punta di piedi molte volte e riuscire a farlo in modo armonioso. Avere tanta sicurezza e dire le cose in modo chiaro e senza aspettarsi che ci siano aggiunte a quello che si dice di fare. Essere diretti, precisi e non omettere niente. Questo mi verrebbe da sottolineare, sia sul lavoro che sul resto.
4) Che cosa ti ha fatto venire voglia di ricominciare a scrivere su un blog che non è per nulla ottimizzato nè tematico?
La mancanza di tempo libero spensierato da dedicare a lunghe chiacchierate con le amiche i genitori e la coppia. La voglia di ricordare un domani quello che è stato, avendo uno spunto da cui ricollegare i ricordi. E il fatto che questo blog lo considero molto un cazzeggio fine a se stesso quindi tanto vale usarlo quando ho voglia di scrivere. Non mi sarei mai presa l'impegno di dedicare un blog a questi sfoghi/voglie di condivisione, non ne ho voglia. E' terapeutico, come suggerito dalla mia cara amica Laura che ora vive a New York.
5) Se potessi tornare indietro di tre mesi, prenderesti la stessa decisione?
Assolutamente si. Non avrei mai voluto pormi la domanda "Chissà come sarebbe stato se...". Voglio tornare e dire cos'è stato, come e quando e perchè. Voglio sapere cosa ne penso, voglio sapere i pro e i contro e avere un motivo per cambiare ancora città. E questo lo posso fare solo affrontando la costruzione mentale che mi ero fatta di una possibile esperienza in Asia, guardandola negli occhi (a mandorla).

Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda.
Italo Calvino
Ci sono senza dubbio molti spunti ironici, e moltissime occasioni di crescita, ma tutto ha un prezzo.
Se dovessi girare il tavolo e chiedere qualcosa a qualcuno che vive le cose come le vivo io, e quindi con il sangue, nel senso piu emotivo e passionale del termine, allora chiederei questo e mi aspetterei questo tipo di risposte:
1) Quali sono le sfide piu grandi che ti trovi ad affrontare nella vita quotidiana?
Bisogna dividere i livelli in cui intendiamo la vita quotidiana:
- Dal punto di vista logistico, la vita a Taipei è una figata. La città è sicura, offre collegamenti urbani comodissimi, è piena di convenience stores e non manca nulla. Girare per strada di notte non è mai un problema, la città è sveglia. Tutto è a prezzi molto contenuti, dai taxi al cibo, alla birra. E' un paradiso di efficienza in qualche modo, forse pecca solo di poca diffusione della lingua inglese e quindi propone motivi ludici di disagio. Ma insisto nel dire che qui la lingua non serve perchè le persone sono davvero molto disponibili e aperte allo sforzo di capire i gesti e supportare le necessità. (Lascio immaginare l'occasione in cui cercavo un posto per fare la ceretta)
- Dal punto di vista umano, a parte la gentilezza sincera e le cortesie pratiche lavorative e non, stiamo parlando di un ecosistema molto lontano dal nostro essere italiani. Le persone sono molto gentili ma allo stesso tempo anche molto riservate e molto timide. C'è un modo molto diverso di vivere la socialità, su tanti fronti, e ancora sento di averne vissuti pochi. Come donna a Taiwan è un disastro. La mia autostima non è alimentata da nessun complimento/sguardo/battuta/flirt. Ti senti un fantasma, un alieno, una troppo alta, una caucasica, una che non parla la tua lingua, una persona che è li di passaggio. Autostima a parte, creare relazioni intime anche a livello amicale è un lavoro. Ci vuole molto tempo prima di entrare in dialoghi personali con una persona autoctona, ci vuole tempo e anche interesse sincero, almeno quanto coraggio di fare i primi passi aprendo spiragli personali, e a poco a poco costruire conversazioni che esulano dai discorsi di circostanza o culturali o strettamente legati alla praticità.
- Dal punto di vista lavorativo, la vita è un casino (quasi) totale. Gli strumenti culturali giocano un ruolo fondamentale nella comunicazione e interpretare le dinamiche è un gioco d'azzardo. Non ci si puö fidare di nessun sorriso in ufficio. C'è molta attenzione all'universo digital e molta pressione sui numeri, piü (molto piu) che sulla qualità. E' difficile far passare i successi del rapporto qualità/budget di tutti gli effort investiti e di tutti i valori di questi risultati sul lungo termine. Per spiegarmi: io lavoro in comunicazione, se oggi ho successo sui millenials e riesco a farmi apprezzare da loro, domani rappresenteranno la maggioranza della work force e quindi so che ogni centesimo investito oggi raddoppierà di valore domani. A discapito di escludere numeri irrilevanti ai miei obiettivi di business, prediligo la qualità delle persone che coinvolgo. Questi concetti sono difficili da trasmettere a chi vive di numeri e misura il successo riportando numeri. E su questo ho grosse difficoltà e la mia piu grande sfida quotidiana è entrare in ufficio a testa bassa e continuare a percorrere una strada poco riconosciuta, alzando la testa solo per dire "no" a cambiamenti di direzione strategica in cui non credo. Ovviamente, solo per la mia fetta di marketing, che è quella social media.
2) Che cosa ti piace di piu di questa esperienza?
Di questa esperienza mi piace di piu la soddisfazione di poter dire "Era quello che volevo, e ce l'ho fatta". Mi piace essere in difficoltà, avere a che fare con persone con cui probabilmente non sarei andata neanche a prendere un caffè perchè non le avrei mai incontrate. Trovarmi a pensare "Ma sono qui veramente in macchina con questa persona per andare a cena o sto sognando una vita di qualcun altro?". Mi piace potermi raccontare come mi pare, senza pregiudizi o senza curarmi di quali collegamenti abbia in comune con questa persona. Mi piace portare con fierezza il mio sorriso e la mia passione per quello che faccio. Mi piace mangiare cose che fanno schifo e che poi non mangio per il gusto di poter dire "no quella cosa (che non sapevo neanche esistesse al mondo) non mi piace".
Mi piace avere la mia seduta di massaggio il sabato e godermi i servizi di pulizie due volte a settimana. Mi piace la metropolitana perchè è piena di occhi a mandorla e mi sento un'infiltrata. Mi piace avere ogni giorno una parola nuova in cinese e sfoggiarla ad ogni occasione piu o meno pertinente solo per il fatto di poter dire "ci sto provando, sto provando a parlarti nella tua lingua".
3) Quali consigli daresti a qualcuno curioso di lavorare in Asia, nel tuo settore?
4) Che cosa ti ha fatto venire voglia di ricominciare a scrivere su un blog che non è per nulla ottimizzato nè tematico?
La mancanza di tempo libero spensierato da dedicare a lunghe chiacchierate con le amiche i genitori e la coppia. La voglia di ricordare un domani quello che è stato, avendo uno spunto da cui ricollegare i ricordi. E il fatto che questo blog lo considero molto un cazzeggio fine a se stesso quindi tanto vale usarlo quando ho voglia di scrivere. Non mi sarei mai presa l'impegno di dedicare un blog a questi sfoghi/voglie di condivisione, non ne ho voglia. E' terapeutico, come suggerito dalla mia cara amica Laura che ora vive a New York.
5) Se potessi tornare indietro di tre mesi, prenderesti la stessa decisione?
Assolutamente si. Non avrei mai voluto pormi la domanda "Chissà come sarebbe stato se...". Voglio tornare e dire cos'è stato, come e quando e perchè. Voglio sapere cosa ne penso, voglio sapere i pro e i contro e avere un motivo per cambiare ancora città. E questo lo posso fare solo affrontando la costruzione mentale che mi ero fatta di una possibile esperienza in Asia, guardandola negli occhi (a mandorla).

Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda.
Italo Calvino